A cura di Giuseppe Monno

Secondo la dottrina cattolica della Transustanziazione, il sacerdote validamente ordinato, che ha l’intenzione oggettiva di compiere ciò che fa la Chiesa nel celebrare l’Eucaristia, e che utilizza correttamente la materia (cioè il pane e il vino) e la forma (le parole della consacrazione pronunciate da Cristo nell’ultima cena), rende realmente presente Cristo sotto le specie del pane e del vino.
Le parole della consacrazione sono:
sul pane: “Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”;
sul calice: “Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”.
Attraverso queste parole, Cristo è tutto e realmente presente, con la sostanza del suo corpo, sangue, anima e divinità, sotto le apparenze del pane e, allo stesso modo, sotto le apparenze del vino. Egli è interamente presente anche in un piccolo frammento del pane consacrato e in una piccola goccia del vino consacrato.
Cristo ha offerto un corpo vivo, non privo di sangue, animato da un’anima razionale – principio vitale del corpo – e unito ipostaticamente alla Seconda Persona della Santissima Trinità. Perciò, la Chiesa cattolica crede giustamente che Cristo è tutto e realmente presente sotto ciascuna delle due specie, senza divisione, con la sostanza del suo corpo, sangue, anima e divinità.
Questa presenza si realizza mediante le parole della consacrazione e per l’azione dello Spirito Santo, che converte tutta la sostanza del pane e del vino nella sostanza del Signore Gesù Cristo. Questa conversione viene chiamata Transustanziazione – termine ufficialmente adottato dal IV Concilio Lateranense (1215), sebbene già utilizzato in precedenza.
Dopo la consacrazione, del pane e del vino rimangono solo le apparenze, non la sostanza. Tali apparenze vengono mantenute nell’esistenza dalla potenza divina. La validità e l’efficacia di questo sacramento non dipende dallo stato morale e spirituale del ministro, ma dalla virtù di Cristo e dal potere spirituale che egli ha conferito ai Dodici: “Fate questo in memoria di me” (Luca 22,19). I Dodici hanno poi trasmesso questo potere spirituale ai loro legittimi successori, i vescovi, e ai sacerdoti loro collaboratori, attraverso l’imposizione delle mani (Atti 13,2-3; 14,23; Tito 1,5; 1Timoteo 4,14; 5,22; 2Timoteo 1,6), cioè mediante il sacramento dell’Ordine sacro.
Soltanto i sacerdoti validamente ordinati, agendo in persona Christi Capitis (nella Persona di Cristo Capo) e come Alter Christus (altro Cristo), con l’intenzione oggettiva di fare ciò che fa la Chiesa, possono, ripetendo le parole della consacrazione, rendere presente Cristo nell’Eucaristia mediante la Transustanziazione.
L’Eucaristia nutre l’anima dei fedeli con la grazia sacramentale. Tuttavia, le specie consacrate mantengono miracolosamente la capacità di nutrire anche il corpo. La presenza reale di Cristo perdura finché le specie non si corrompono, ad esempio durante la digestione. Per questo motivo, non si deve credere che Cristo possa finire nella fogna. Noi cattolici adoriamo l’Eucaristia perché, sotto le apparenze del pane e del vino, è presente realmente e sostanzialmente Cristo intero, con la sostanza del suo corpo, sangue, anima e divinità.
Cristo si dona a noi come alimento sotto le apparenze di quei cibi che più comunemente nutrono l’uomo. Non dobbiamo dare ascolto a chi, deridendo la nostra fede, ci accusa di cannibalismo. Tali accuse sono capziose. Il cannibalismo implica nutrirsi in senso fisico-biologico di carne umana. I cattolici, invece, si nutrono sacramentalmente di Cristo non nel suo corpo materiale, ma spirituale, ricevendolo sotto i segni sacramentali del pane e del vino. Non mastichiamo un tessuto biologico umano, non mangiamo carne in senso materiale. La sostanza del pane e del vino è cambiata, non gli accidenti (sapore, odore, colore, ecc.). Chi ci accusa di cannibalismo, semplicemente non ha compreso la realtà profonda di questo sacramento.
La Transustanziazione era già prefigurata nell’Antico Testamento. Nel deserto, il Signore nutriva il suo popolo con pane al mattino e carne alla sera (Esodo 16,12). Il passaggio dal pane alla carne prefigura simbolicamente la Transustanziazione.
Nella celebrazione eucaristica viene rinnovata l’offerta del sacrificio di Cristo: non come copia del sacrificio del Calvario – unico, perfetto, irripetibile, di valore infinito e dagli effetti attivi e retroattivi – ma come medesimo sacrificio avvenuto duemila anni fa’. In ogni celebrazione eucaristica, quindi, partecipiamo realmente allo stesso sacrificio compiuto sul Golgota. Sulla croce avvenne in modo cruento, sull’altare avviene in modo non cruento.
San Francesco d’Assisi affermava:
“Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo.” (Lettera all’Ordine intero, 26)
Il sacrificio della Santa Messa viene offerto da tutta la Chiesa: dagli angeli e dai santi, dai fedeli ancora pellegrini sulla terra, e in modo particolare dai sacerdoti, strumenti di Cristo. Durante la celebrazione eucaristica, il soggetto principale è Gesù Cristo stesso, presente nel sacramento. Egli è l’offerta che la Chiesa presenta al Padre, attraverso lo Spirito Santo, in virtù della comunione che la rende un solo corpo con Cristo.
I frutti spirituali dell’Eucaristia giovano a tutta la Chiesa: ai fedeli sulla terra e alle anime dei defunti in purgatorio. Anche gli angeli e i santi si uniscono alla liturgia terrena, che è anticipo e figura della liturgia celeste, nella quale la Chiesa glorificata adora Dio eternamente.



