A cura di Giuseppe Monno

Si parla di resurrezione quando a tornare alla vita è questo corpo corruttibile, che diviene incorruttibile, secondo le parole dell’apostolo:
«È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità. Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria.» (1 Corinzi 15,53-54)
Riferendosi alla morte e alla resurrezione del suo corpo, Cristo disse ai Giudei: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere.» (Giovanni 2,19-22)
Cristo non fece sorgere “un altro tempio”, ma “questo tempio”, cioè lo stesso corpo che fu crocifisso sulla croce. Il Damasceno, citato da San Tommaso, afferma: «Risorgere è solo di chi è caduto.» (Summa Theologiae, III, q. 54, a. 1)
Ora, a cadere fu quel corpo messo a morte sulla croce. Perciò, affinché la resurrezione di Cristo fosse reale, era indispensabile che a risorgere fosse quel medesimo corpo, non un altro; altrimenti la resurrezione non sarebbe stata reale, ma solo apparente.
Quando Cristo apparve in mezzo ai suoi discepoli mentre si trovavano in casa a porte chiuse, essi credevano di aver visto un fantasma. Ma Gesù disse loro di guardarlo e toccarlo, poiché un fantasma non ha carne e ossa come invece essi vedevano in lui. Mostrò loro le ferite nelle mani, nei piedi e nel costato, e allora i discepoli gioirono nel vedere il Risorto
(Luca 24,36-46; Giovanni 20,26-27).
Gesù prese anche del cibo e ne mangiò con i suoi discepoli (Luca 24,42-43), non per bisogno, ma perché ne aveva la facoltà, e per mostrare loro la realtà e la natura del suo corpo. Cristo mostrò ai suoi discepoli la realtà del suo corpo risorto, uguale nella natura ma diverso nella gloria.
Come afferma San Tommaso, citando San Beda: «Cristo conservò le ferite della passione non per incapacità di sanarle, ma per portare in perpetuo il trionfo della sua vittoria.»
E aggiunge:
«Con quelle ferite poté confermare nella fede della resurrezione i cuori dei suoi discepoli.» (Summa Theologiae, III, q. 54, a. 4)
Perciò Gesù Cristo è risorto con lo stesso corpo, ma la resurrezione lo ha glorificato, trasformandolo in un corpo spirituale, secondo quanto dice l’apostolo: «Così anche la resurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.» (1 Corinzi 15,42-44)
Corpo spirituale non significa «incorporeo» come lo sono gli spiriti. Corpo spirituale significa che ogni atto del corpo è sottomesso alla volontà dello spirito, come afferma San Tommaso (Summa Theologiae, III, q. 54, a. 1 ad 2).
Sempre San Tommaso, citando Severiano, dice: «L’aspetto di Cristo è mutato, diventando da mortale immortale, acquistando cioè l’aspetto della gloria, non già perdendo la sostanza delle proprie fattezze.»
E aggiunge, in riferimento a quei discepoli che non riconobbero subito il Risorto: «Tuttavia a quei discepoli di cui si parla, egli non apparve nel suo aspetto glorioso; ma come era in suo potere rendere il proprio corpo visibile o invisibile, così era in suo potere far sì che la propria figura apparisse in forma gloriosa, o non gloriosa, oppure in forma semigloriosa, o in qualsiasi altra maniera. E basta una piccola differenza perché uno possa apparire sotto una figura diversa.» (Summa Theologiae, III, q. 54, a. 1 ad 3)
Le apparizioni in forme diverse sono atti pedagogici, per aiutare i discepoli a riconoscere il Risorto non più con i sensi, ma con la fede.
I discepoli di Emmaus (Luca 24,13-35) non lo riconoscono finché non spezza il pane, simbolo dell’Eucaristia.
Maria Maddalena (Giovanni 20,11-18) lo scambia per un giardiniere, ma lo riconosce solo quando Gesù la chiama per nome.
Questo mostra che non basta vedere fisicamente Gesù per credere, ma occorre essere illuminati interiormente dalla grazia e dalla fede.
Cristo non è semplicemente tornato in vita, come accadde a Lazzaro, ma è entrato in una nuova dimensione dell’esistenza. La diversità delle forme serve a sottolineare che il Risorto non appartiene più al mondo terreno, ma alla realtà divina.
Ogni apparizione del Risorto risponde a un bisogno interiore dei discepoli. Gesù si manifesta in modi differenti per toccare i cuori in maniera personale.
Si manifesta in forme diverse anche per far comprendere che la sua presenza risorta è universale e misteriosa, non confinata a un tempo o a un luogo, ma accessibile a tutti i credenti di ogni epoca, attraverso la fede, i sacramenti e la comunità.
La resurrezione di Cristo è modello e primizia della resurrezione dei giusti (1 Corinzi 15,20-23). Ma l’apostolo afferma che sarà questo corpo corruttibile a essere trasformato (1 Corinzi 15,51-54), non un altro. E così è stato per la resurrezione di Cristo.
Il sacrificio di Cristo è ordinato all’espiazione dei peccati e a trionfare sulla morte. Ma se non fosse risorto a una vita immortale il medesimo corpo caduto sulla croce, Cristo non avrebbe trionfato sulla morte.
