A cura di Giuseppe Monno

Il termine greco adelphós deriva da delfýs (“utero”) preceduto da un’alfa copulativa, e significa etimologicamente “dello stesso grembo”, perciò tradotto con «fratello». L’ebraico ’ach è il corrispettivo semitico.
Nella Settanta (LXX) – la versione greca della Tanakh ebraica scritta per gli ebrei della diaspora – e nel Nuovo Testamento, il termine adelphós viene però utilizzato in senso molto più ampio rispetto al significato ristretto di “fratello”. Analizziamo alcuni esempi biblici:
Fratelli germani
Genesi 4,1-2 (LXX):
“Adamo conobbe Eva, sua moglie, ed ella concepì e partorì Caino… Poi partorì ancora suo fratello (adelfós) Abele”.
Caino e Abele sono figli degli stessi genitori, quindi fratelli carnali in senso stretto.
Cugini di primo grado
1 Cronache 23,21-22 (LXX):
“Figli di Merarì: Macli e Musi. Figli di Macli: Eleàzaro e Kis. Eleàzaro morì senza figli, ma ebbe solo figlie; le sposarono i figli di Kis, loro fratelli (adelfói)”.
Eleàzaro e Kis sono fratelli (entrambi figli di Macli), ma le figlie di Eleàzaro e i figli di Kis sono cugini di primo grado, eppure il testo usa il termine adelfói.
Zio e nipote
Genesi 13,8 (LXX):
“Abramo disse a Lot: Non vi sia contesa tra me e te… perché noi siamo fratelli (adelfói)”.
Lot era figlio di Aran, fratello di Abramo (Genesi 11,27). Dunque, in realtà, erano zio e nipote, ma il termine usato è adelfói, cioè fratelli.
Membri della stessa tribù
1 Cronache 15,4-10 (LXX):
“Davide convocò i figli di Aronne e i leviti… Dei figli di Keat: Urièl il capo con i centoventi fratelli (adelfói); dei figli di Merari: Asaia il capo con i duecentoventi fratelli (adelfói);…”.
Qui “fratelli” indica membri di uno stesso gruppo tribale o clan.
Concittadini
Genesi 19,6-7 (LXX):
“Lot uscì verso di loro sulla porta e disse: No, fratelli (adelfói) miei, non fate del male!”
Lot si rivolge agli abitanti di Sodoma, i suoi concittadini, chiamandoli fratelli.
Sposi
Tobia 7,12 (LXX):
“Rispose Raguele: Lo farò! Essa ti è data secondo la legge di Mosè… Prendila dunque: da ora tu sei suo fratello (adelfós) ed ella tua sorella (adelphé)”.
In questo contesto “fratello” e “sorella” si riferiscono al vincolo matrimoniale.
Persone bisognose
Matteo 25,40:
“Il re risponderà: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli (adelfói) più piccoli, l’avete fatto a me”.
Qui “fratelli” indica gli affamati, gli assetati, i forestieri, gli ignudi, gli infermi e i carcerati (cfr. Matteo 25,31-46).
Discepoli di Cristo
Giovanni 20,17:
“Gesù disse: Va’ dai miei fratelli (adelfói) e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
Qui “fratelli” indica i discepoli (v. 18).
Membri dello stesso popolo
Atti 3,17:
“Ora, fratelli (adelfói), io so che avete agito per ignoranza…”.
Pietro si rivolge a quelli del suo popolo, chiamandoli “fratelli”.
Coloro che fanno la volontà di Dio
Matteo 12,49-50:
“Gesù, stendendo la mano verso i discepoli, disse: Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli (adelfói). Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello (adelfós), sorella (adelfé) e madre”.
Qui Gesù estende il concetto di “fratello” a chi compie la volontà di Dio.
Questi esempi biblici dimostrano chiaramente che adelfós, pur significando originariamente “fratello carnale”, nella Bibbia greca e nel Nuovo Testamento assume un ampio significato semitico, che va dal fratello uterino ai parenti prossimi, ai membri del popolo, ai discepoli e, in senso spirituale, a chiunque viva in comunione con Dio.
La Settanta e il Nuovo Testamento riflettono una mentalità profondamente semitica. Nell’ebraico biblico, il termine ’ah (“fratello”) non indica esclusivamente il fratello germano, ma viene usato anche per designare cugini, membri del clan o appartenenti allo stesso popolo.
Quando gli scribi ebrei tradussero la Tanakh in greco (LXX), mantennero questa prospettiva semitica, traducendo quasi sempre ’ah con adelfós.
Nel Nuovo Testamento, il termine adelfós assume un ruolo centrale nella predicazione cristiana: non si limita a indicare una relazione familiare di sangue, ma richiama il concetto di fraternità universale in Cristo (cfr. Matteo 12,50). In tal senso, diventa un termine ricco di significato comunitario e spirituale.
Sebbene il Nuovo Testamento sia scritto in greco, il suo pensiero rimane di matrice semitica. Gli autori sacri adottano la terminologia della Settanta, che aveva già fissato la norma linguistica: ’ach = adelfós, senza introdurre distinzioni proprie del mondo greco, estranee alla mentalità ebraica.
Per indicare il “cugino” il greco disponeva del termine anepsiós, ma gli autori biblici lo usano raramente, preferendo seguire la logica semitica e la tradizione della Settanta, dove adelfós copre un campo semantico molto più ampio. Tale scelta non è solo linguistica, ma anche teologica, perché esprime l’idea di un’unione fraterna che supera i legami di sangue.
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